A Maccarese una donna di scienza: Lidia La Face

Le donne italiane hanno preso parte in maniera dominante allo sviluppo e alla diffusione della scienza a tutti i livelli.

Spesso però alle donne è stato dato un ruolo marginale e di poco rilievo, anche se hanno partecipato ad imprese scientifiche di altissimo livello.

È così che, tra eccezionalità e marginalità, la loro collocazione è rimasta al di fuori della scienza ufficiale. Da un’attenta e approfondita ricerca si è potuto ricostruire la scena scientifica del nostro territorio tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900, fino ad arrivare a una presenza femminile autentica.

È ancora più entusiasmante venire a conoscenza di una donna che ha fatto di questo territorio il proprio laboratorio scientifico, conoscendone addirittura i centri numerati a memoria: questa donna era Lidia La Face, classe 1891.

Nata a Roma, Lidia si laureò nel 1915 in Scienze Naturali con il massimo dei voti. Durante la preparazione della tesi cominciò a frequentare il Laboratorio di anatomia comparata diretto dal Prof. Giovan Battista Grassi, che tutti noi conosciamo per il contributo che diede alla lotta alla malaria, e come vedremo, Lidia non fu da meno.

Nel gennaio 1921 venne nominata assistente alla cattedra di Anatomia Comparata tenuta da Grassi e, dopo la morte dello stesso, ottenne la libera docenza in Entomologia Applicata.

Lidia fu nominata “delegato fitopatologico” per Roma e gli Abruzzi presso l’Osservatorio fitopatologico di Roma, nonché presso l’Ufficio d’informazioni agrarie dell’Ufficio internazionale di agricoltura.

Nel 1925 ricevette l’incarico, presso l’Istituto d’igiene dell’Università di Roma, di studiare la zanzara anofele italiana responsabile della trasmissione della malaria. Iniziò da subito la collaborazione con la Stazione sperimentale per la lotta antimalarica, diretta da Alberto Missiroli, tenendo corsi di entomologia ai medici direttori delle varie sezioni.

Lidia già giovanissima si aggirava per Maccarese e così la descriveva: “Una successione di acquitrini, paludi e boscaglie, canali di bonifica equivalenti, ad altrettanti paludi rettilinee”.

Nel suo testo proseguiva: “Solo nel 1925, le progredite conoscenze sulla profilassi della malaria ed una serie di opportune leggi permisero che s’iniziasse la bonifica integrale, condizione indispensabile per giungere al risanamento igienico della zona”.

Il Professor Rossi affidò a Lidia uno studio molto importante nelle campagne di Maccarese: la scienziata doveva studiare i rapporti tra le varie razze della zanzara Anopheles maculipennis e la presenza della malaria nella regione. Lo scopo era quello di capire se la bonifica avrebbe esercitato un’influenza sulle zanzare presenti. Lidia cominciò allora a raccogliere un’infinità di dati che si riferivano soprattutto all’identificazione e alla distribuzione delle razze dell’anofele presenti a Maccarese.

Nel suo lavoro la donna di scienza scriveva: “Per cortese interessamento del Professor Rossi e dei medici preposti al servizio sanitario della Bonifica di Maccarese, mi è stato possibile esaminare un certo numero di zanzare anofele catturate in varie epoche dell’anno in diversi centri della Bonifica”.

Grazie alle sue catture Lidia poté stabilire la presenza di due varietà di zanzara anofele (Anopheles maculipennis typicus e Anopheles maculipennis labranchiae), che si rivelarono dislocate in maniera alternata tra i centri di Maccarese che avevano subito o meno la bonifica agraria.

Addirittura la giovane professoressa scoprì che le coltivazioni di riso portavano a una generale diminuzione della salinità per effetto dell’irrigazione “andando così ad influire sulla vita di una particolare razza dell’anofele (A. maculipennis typicus) in modo tale da condurre ad una scomparsa o almeno ad una sensibile riduzione numerica di questa pericolosa varietà di zanzara”, come lei stessa scrisse nel suo trattato.

Cosi si diceva di lei: “Considerando l’attività scientifica, didattica e pratica svolta dalla Prof.ssa La Face dal 1915 in poi, si può concludere che essa rappresenta il miglior elemento che esiste oggi in Italia nel campo dell’Entomologia medica”, aggiungendo poco oltre che “la candidata è in possesso di una soda cultura e preparazione teorica, di ottime doti e capacità scientifiche nonché di un lungo servizio di laboratorio, prestato sempre ottimamente”.

Mi immagino Lidia immersa nelle paludi di Maccarese a catturare zanzare: una donna di scienza coraggiosa, con il suo percorso scientifico, le sue imprese sociali e intellettuali e una vita sicuramente non sempre facile. Lidia rappresenta una delle tante donne ignorata dalla maggior parte delle persone, ma che ha contribuito con grande intelletto al cammino del sapere e allo sviluppo del nostro territorio. Per questo è un nostro dovere ricordare le sue imprese. È fondamentale riconoscere alle donne il posto che hanno realmente occupato nella cultura scientifica dell’Italia sia moderna che contemporanea: è importante dare spazio a quella voce sconosciuta ai più, ma che senza dubbio ha contribuito all’evoluzione della scienza.

(di Riccardo Di Giuseppe – Naturalista, Resp. Oasi WWF Litorale Romano)

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